Aggiustare un alunno rotto

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scuola_lavagna E’ tempo di fine anno scolastico, di bilanci, di attese per i scongiurati cartelloni ed infine per i sospirati esami di terza media. Lavorando nella scuola da anni, come psicologa scolastica, mi rendo conto che, il periodo da metà maggio ai primi di giugno ha una colonna sonora speciale. Per alcuni è una musica che assomiglia ad un countdown, per altri è una melodia  che amplifica paure, ansie, per altri ancora segna un cambiamento di marcia, spesso crea un’atmosfera carica di sentimenti ambivalenti. C’è chi, conta i giorni che mancano alla fine, celando un sentimento di orgoglio per essersela tutto sommato cavata, c’è chi si aspetta il peggio, nonostante gli sforzi compiuti e i progressi raggiunti, che ci spera di aver dimostrato attraverso quell’interrogazione, quella verifica di recupero di aver fatto centro, e forse il desiderio di non abbandonare i propri compagni è il motore più potente, la motivazione più grande a concentrarsi, a non mollare.  I docenti, coloro che hanno cercato in tutti i modi di motivare gli studenti, di lasciargli qualcosa, arrivano verso la fine dell’anno scolastico più provati degli alunni, sono consapevoli dell’importanza delle ultime prove ma è l’intero percorso che fa la differenza, che definisce le loro emozioni, i loro pensieri. Proprio stamattina, durante una valutazione, una professoressa mi ha detto – quando incontriamo un ragazzo che fa fatica a studiare, a memorizzare, cerchiamo in tutti i modi di aggiustare quel difetto, come fosse un alunno rotto in quel determinato punto, invece dovremmo imparare a conoscerlo, proprio da quella prospettiva-. Quella mancanza, quell’errore ripetuto, quell’impegno intermittente, quel difetto ci sta dicendo qualcosa di lui, del suo modo di interagire nell’apprendimento, a volte i docenti sono concentrati sugli obiettivi didattici da raggiungere, le famiglie sono preoccupate e temono i fallimenti e gli insuccessi scolastici, temono possano rappresentare ferite incurabili. Eppure, proseguendo il pensiero della professoressa, quelle difficoltà, quegli insuccessi aiutano a conoscere per davvero i ragazzi, ci avvicinano al loro modo di vivere la scuola, ci invitano a cercare strategie nuove per aiutarli sia nel processo di apprendimento che di crescita. Non si tratta di aggiustare un alunno rotto, si tratta di stargli accanto di fronte agli errori, alle difficoltà di concentrazione, alla fatica di memorizzare o rielaborare un testo, ricordandogli sempre che la parte più interessante dell’esperienza di apprendere significa proprio questo: imparare ad imparare.